Il neoconservatorismo della “Control Theory” e l’ethos del crimine
Sunto
Questo saggio affronta il rapporto tra moralità e criminalità attraverso il dibattito che circonda il contributo di Travis Hirschi alla cosiddetta “teoria del controllo”, prima come “teoria del legame sociale” e successivamente come “teoria generale” della criminalità. La valutazione qui condotta interpreta la prima versione del “controllo” come espressione di patriottismo e la sua formulazione successiva, data la sua enfasi sui diversi livelli individuali di autocontrollo, come una riaffermazione implicita dell’inevitabilità della divisione di classe. Nel corso degli anni, l’ossessione per l’“autocontrollo” è diventata un punto di riferimento per le ansie suburbane di una classe medio-alta circondata da una povertà (ghetto) in espansione e afflitta da disfunzioni familiari e dall’alienazione dei propri figli. In ultima analisi, queste riflessioni costituiscono la base per una riformulazione generale, ispirata alla sociologia di Thorstein Veblen, del rapporto tra classe sociale, criminalità, e punizione commensurata, facendo leva sul concetto di ethos (una particolare mentalità comune a ciascuna classe) e dimostrando così che la criminalità è sistematicamente determinata proprio da questa mentalità, che è il complemento spirituale della formazione di classe, piuttosto che dalle categorie convenzionalmente aclassiste dell’interesse razionale o della propensione idiosincratica alla violenza.