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Ribelli Industriosi e Capitani di Deterrenza

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La teoria della sfida (Defiance) interpretata attraverso una riformulazione vebleniana della teoria dello “stremo anelante” (Strain)

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La teoria della tensione (strain theory) e la teoria della sfida (defiance theory) sono prospettive criminologiche che attribuiscono un’enfasi ambivalente alla nozione di “ribellione”, intendendo con ciò che entrambe considerano il comportamento insubordinato come motivato tanto da fini positivi quanto da fini negativi. Un individuo può ribellarsi, ad esempio, rubando per raggiungere uno status più elevato (tensione economica); oppure può antagonizzare violentemente l’autorità per “salvare la propria dignità” in un contesto in cui non ha alcun interesse sociale da difendere (sfida). Viceversa, si può protestare responsabilmente per opporsi al cieco consumismo (tensione); oppure disobbedire civilmente a leggi razziste (sfida politica). Qui si sostiene che entrambe le teorie possano essere interpretate come casi particolari di un problema generale che Thorstein Veblen aveva già diagnosticato nel 1899. Veblen descriveva la dinamica sociale come una lotta tra le forze deterrenti del conservatorismo, animate da un preponderante istinto predatorio-pecuniario, e quelle del progressismo, le quali si fondano invece su un istinto di cooperazione e di operosità, sempre più indebolito. In questo modello vebleniano, la sfida civile rappresenta l’opposizione della pacifica classe media al dominio dell’élite, mentre la sfida dettata da tensione economica esprime il tentativo delle classi medie e basse, animate da un impulso pecuniario, di emulare lo status stesso dell’élite.