Saggio sulla caratterizzazione dell’epoca in cui vivamo, tratto dal libro New Directions for Catholic Social and Political Research (2016)
Sunto
Questo è il capitolo d’apertura di una serie di saggi —miei e di altri colleghi cattolici, inclusi studiosi gesuiti— che avevo raccolto per un progetto presso la Pontificia Università Gregoriana (Vaticano) nel 2015. L’idea era di colmare una lacuna di pensiero radicale e di soluzioni economiche concrete nella Chiesa cattolica, al fine di rilanciare il benessere delle comunità nel mondo. Il testo intendeva fissare il tono (sociologico) dell’opera insistendo sull’inesistenza del cosiddetto “postmodernismo”: etichetta con cui ci si vorrebbe far intendere che viviamo ormai in un’epoca “liquida”, privata —dopo le atrocità collettive del Novecento— di ogni certezza, un’epoca presumibilmente segnata dalla dissoluzione del potere centralizzato e dalla concomitante immersione di tutte le interazioni umane in un vortice di cambiamenti tecnicizzati e travolgenti, mutamenti destabilizzanti che, in ultima analisi, avrebbero reso la nostra navigazione in questo mondo inevitabilmente “complessa” e pericolosa. Io sostengo invece che il mondo, che il nostro Sistema, non sia affatto cambiato, ma abbia piuttosto esasperato ed esacerbato il proprio volto truculento, anti-cooperativo, belligerante e classista, mascherandolo dietro ogni sorta di menzognere grida propagandistiche di impotenza logistica, stanchezza esistenziale e inettitudine pratica di fronte all’“incertezza”. I nostri tempi non sono “postmoderni”, ma piuttosto “iper-moderni”. Alla luce di questa critica, propongo quindi una serie di interventi operativi per la Chiesa in materia di riforma economica, istruzione e riorientamento politico in generale, di fronte a una gestione imperiale del mondo sempre più aggressiva.